sabato 8 marzo 2014

L’umorismo nei bambini

Nel suo saggio sul motto di spirito, Freud (1905) afferma: “I bambini non hanno il senso della comicità”. una tale affermazione può apparire molto sorprendente se si pensa che l’autore sia proprio lo studioso che ebbe l’attenzione e l’acutezza di riconoscere l’esistenza della sessualità infantile. Si rimane quindi perplessi a credere che Freud abbia negato l’esistenza della comicità. In realtà, egli non intendeva affermare che il bambino non fosse capace di ridere e sorridere in modo umoristico ma, precisamente, che questo avvenisse con caratteristiche marcatamente diverse da quanto accade nell’adulto. Del resto, come altri aspetti della personalità, il senso dell’umorismo ha una propria maturazione ed evoluzione.
Nell’età evolutiva si attraversano delle ampie trasformazioni nelle abilità cognitive, nelle motivazioni e nelle interazioni sociali, che determinano ed influenzano anche l’apprezzamento e la capacità di fare dell’umorismo.
Parlare di limitazione del senso del comico nel bambino, volendosi riferire alla qualità delle occasioni di comicità, può comportare un equivoco legato al paragonare l’orizzonte delle esperienze del bambino a quelle dell’adulto. È vero, infatti, che l’adulto ha più orizzonti a sua disposizione, ma è anche vero che essi sono intrisi di così tanti elementi morali e sociali da impedire il distacco, la trasfigurazione fantastica, che è alla base dell’apprezzamento del comico.
Anche una semplice osservazione empirica in un gruppo di bambini ci mostra come le occasioni di riso siano non solo numerose ma anche varie. Probabilmente, gli stimoli che producono il riso e il sorriso non paiono all’occhio dell’adulto stimoli umoristici ma, d’altra parte, sui gusti umoristici non si discute. Anche tra gli adulti c’è chi preferisce un genere, piuttosto che un altro.
Se l’incongruità è sempre presente nelle produzioni umoristiche degli adulti, non tutto ciò che è incongruo risulta umoristico. Questo è vero soprattutto nei bambini molto piccoli, per i quali la percezione d’incongruità può con più probabilità causare anche solo interesse e curiosità, oppure ansia e paura: una maschera di carnevale, strana e grottesca, che può divertire un adulto, è facile che renda perplesso, se non spaventato, un bambino piccolo.
L’umorismo è stato argomento trattato e discusso da filoni e letterati d’ogni tempo. Il celebre saggio Il riso in cui il filosofo Henry Bergson aveva cercato di interpretare unitariamente le varie forme del comico, distinguendo nel riso “ un lieve castigo sociale”contro gli automatismi che bloccano la fluidità del vivente, era stato pubblicato nel 1900 sulla Revue de Paris. Il discorso sull’umorismo era di moda in quegli anni. Benedetto Croce lo aveva già sfiorato nel 1903. meritano, inoltre, di essere citati, con l’esplicita sottolineatura a favore del siciliano Pirandello, anche altri autori che hanno trattato il tema  dell’umorismo: Shakespeare, Goethe, Jean Paul Richter, Thackeray, Dickens, Heine, Manzoni, Twain, Bergson.
Una suggestiva immagine che ci offre Pirandello al termine del suo lavoro e che fornisce all’umorista un’affascinante intuizione, è la seguente:

L’artista ordinario bada al corpo solamente, l’umorista bada al corpo e all’ombra, e talvolta più all’ombra che al corpo; nota tutti gli scherzi di quest’ombra, com’essa ora si allunghi e ora s’intozzi, quasi a far le smorfie al corpo, che intanto non la calcola e non se ne cura …




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